Lutto Complicato
L’esperienza del lutto induce una grande sofferenza emotiva che implica una profonda ristrutturazione del mondo interiore di chi lo affronta. Questo processo è definito “elaborazione del lutto” e consiste dapprima nell’accettazione della perdita, poi nella collocazione dei ricordi condivisi e del legame affettivo con la persona deceduta nel proprio mondo interno. La maggior parte delle persone, se adeguatamente sostenuta, ha le risorse per affrontare questo evento della vita in modo adattivo, anche se ad un ritmo e con un’intensità che può variare notevolmente per ciascuno. Affrontare un lutto significa intraprendere un processo che prevede un andamento non lineare, in cui alti e bassi si alternano a ondate, in cui momenti di dolore acuto si succedono a momenti di maggiore consapevolezza e accettazione. L’esperienza del dolore si mescola a sentimenti positivi che, a loro volta, possano attivare sensi di colpa e slealtà verso la persona cara che non c’è più. Anche al termine del processo di elaborazione è possibile vivere momenti di riacutizzazione della sintomatologia, per esempio, in occasione di ricorrenze o anniversari, compleanni o festività.
Esiste tuttavia un certo numero di soggetti che risulta più vulnerabile e non riesce a intraprendere un processo di guarigione dal lutto, rimanendo in uno stato di stallo doloroso definito “lutto complicato”.
Queste persone tendono a nutrire preoccupazioni pervasive per la persona deceduta, per le circostanze della sua morte, esperendo una profonda nostalgia e un dolore emotivo intenso per oltre un anno dal decesso. La perdita viene vissuta come inaccettabile, accompagnata da stati di rabbia, senso di colpa per essere sopravvissuti e per continuare a vivere nonostante tutto, torpore emotivo o incredulità e, talvolta, evitamento dei luoghi, delle persone e delle situazioni che rievocano la persona che non c’è più. La persona può provare il desiderio di morire per ricongiungersi col defunto, vivere un senso di distacco dagli altri e ripiegarsi nell’autoisolamento. Spesso si percepisce la propria vita come svuotata di senso senza la persona deceduta, oppure irrimediabilmente distrutta, e si guarda al futuro con difficoltà e riluttanza, come se fosse impossibile immaginare una realtà diversa. Alcuni soggetti vorrebbero che il cordoglio non avesse mai fine, facendo continue visite al cimitero, impegnandosi in incessanti attività di riordino degli oggetti o indumenti della persona cara, pensando che gioire della propria vita significhi tradire chi non c’è più. In altri casi può sussistere, al contrario, un marcato evitamento di pensieri o ricordi che evocano la persona defunta, una fuga nel lavoro (e più in generale nel fare) nel tentativo di non sentire la sofferenza.
L’esperienza del lutto induce una grande sofferenza emotiva che implica una profonda ristrutturazione del mondo interiore di chi lo affronta. Questo processo è definito “elaborazione del lutto” e consiste dapprima nell’accettazione della perdita, poi nella collocazione dei ricordi condivisi e del legame affettivo con la persona deceduta nel proprio mondo interno. La maggior parte delle persone, se adeguatamente sostenuta, ha le risorse per affrontare questo evento della vita in modo adattivo, anche se ad un ritmo e con un’intensità che può variare notevolmente per ciascuno. Affrontare un lutto significa intraprendere un processo che prevede un andamento non lineare, in cui alti e bassi si alternano a ondate, in cui momenti di dolore acuto si succedono a momenti di maggiore consapevolezza e accettazione. L’esperienza del dolore si mescola a sentimenti positivi che, a loro volta, possano attivare sensi di colpa e slealtà verso la persona cara che non c’è più. Anche al termine del processo di elaborazione è possibile vivere momenti di riacutizzazione della sintomatologia, per esempio, in occasione di ricorrenze o anniversari, compleanni o festività.
Esiste tuttavia un certo numero di soggetti che risulta più vulnerabile e non riesce a intraprendere un processo di guarigione dal lutto, rimanendo in uno stato di stallo doloroso definito “lutto complicato”.
Queste persone tendono a nutrire preoccupazioni pervasive per la persona deceduta, per le circostanze della sua morte, esperendo una profonda nostalgia e un dolore emotivo intenso per oltre un anno dal decesso. La perdita viene vissuta come inaccettabile, accompagnata da stati di rabbia, senso di colpa per essere sopravvissuti e per continuare a vivere nonostante tutto, torpore emotivo o incredulità e, talvolta, evitamento dei luoghi, delle persone e delle situazioni che rievocano la persona che non c’è più. La persona può provare il desiderio di morire per ricongiungersi col defunto, vivere un senso di distacco dagli altri e ripiegarsi nell’autoisolamento. Spesso si percepisce la propria vita come svuotata di senso senza la persona deceduta, oppure irrimediabilmente distrutta, e si guarda al futuro con difficoltà e riluttanza, come se fosse impossibile immaginare una realtà diversa. Alcuni soggetti vorrebbero che il cordoglio non avesse mai fine, facendo continue visite al cimitero, impegnandosi in incessanti attività di riordino degli oggetti o indumenti della persona cara, pensando che gioire della propria vita significhi tradire chi non c’è più. In altri casi può sussistere, al contrario, un marcato evitamento di pensieri o ricordi che evocano la persona defunta, una fuga nel lavoro (e più in generale nel fare) nel tentativo di non sentire la sofferenza.
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