Depressione Postpartum
Depressione postpartum e maternity blues
Molte donne nella prima settimana dopo il parto sperimentano stati d’ansia, di tristezza e crisi di pianto apparentemente senza motivo. Si tratta di una reazione molto frequente chiamata maternity blues, che è considerata transitoria e di solito scompare dieci-quindici giorni dopo il parto.
Se, invece, questi sintomi si prolungano o iniziano più tardi, potrebbero segnalare una condizione di depressione postpartum. La depressione postpartum è un problema relativamente frequente che colpisce circa 1 donna su 10 nell’arco dei 12 mesi successivi al parto.
Come si manifesta la depressione postpartum?
Le neo-mamme che soffrono di depressione postpartum sono tipicamente pervase da sentimenti di inadeguatezza,
irritazione, ansia e assenza di piacere per il nuovo ruolo genitoriale. È proprio questo sottofondo di tristezza relativo a
un periodo socialmente così edulcorato e celebrato a generare sensi di colpa e vergogna in chi ne soffre, rendendo
ancora più difficile parlare di come ci si sente e cercare supporto.
Depressione maggiore e depressione postpartum
Esistono numerose sovrapposizioni tra le due condizioni come umore depresso, assenza di piacere in cose o attività che prima piacevano, mancanza di energia o iperattività, disturbi del sonno e dell’alimentazione, difficoltà di concentrazione, ruminazione, isolamento sociale e disturbi somatici. Tuttavia nel caso della depressione postpartum possono emergere dei sentimenti depressivi legati in modo specifico al proprio ruolo materno come:
- percezione di essere incapace di prendersi cura del figlio
- paura e insicurezza nella gestione del bambino
- percezione di isolamento dal contesto familiare
- perdita di piacere nel ruolo di madre
- limitato investimento emotivo nella relazione col figlio
- difficoltà a creare un legame con il bambino, prendersi cura di lui solo per dovere e non per piacere
- sentimento di indifferenza e mancanza di piacere nello stare in sua compagnia
- ridotta sensibilità ai segnali del bambino attraverso: comportamenti intrusivi e ostili (espressioni facciali forzate, azioni brusche) oppure comportamenti di ritiro e isolamento (tendenza a non toccare e ad avere scarso contatto fisico col bambino, ridotte espressioni facciali, rare vocalizzazioni, bassa espressione delle emozioni)
- parlare sempre in modo pessimistico, sostenendo di essere senza speranza
- trascurare il proprio aspetto fisico e la cura di sé, non lavarsi o non indossare abiti puliti e in ordine
- trascurare l’aspetto e la cura del proprio bambino
- perdere il senso del tempo
- perdere il senso dell’umorismo
- preoccuparsi costantemente che qualcosa non vada nel proprio bambino, a prescindere dalle rassicurazioni ricevute
- senso di colpa eccessivo, convinzione di essere indegni
- pensieri spaventosi ricorrenti, per esempio, paura di far del male al proprio bambino
- mancanza di speranza fino alla disperazione
- pensieri ricorrenti che non valga la pena vivere o, addirittura, pensieri di suicidio e autolesionismo
Quali sono le cause della depressione postpartum?
I sintomi depressivi in epoca perinatale hanno un’origine multifattoriale. Possono essere correlati a vulnerabilità
ormonali o ad aspetti genetici, alla percezione di un mancato supporto da parte del partner, a isolamento sociale, alla
condizione di monogenitorialità, a una gravidanza inattesa o indesiderata, a complicazioni nel corso della gravidanza o
nel parto e a nascita pretermine.
Possono riacutizzarsi quando già presenti nell’anamnesi personale o familiare della madre o manifestarsi per la prima volta in quest’occasione.
Depressione postpartum: un affare di famiglia
È importante sottolineare che spesso la depressione puerperale è espressa dalla donna, ma in realtà appartiene all’intero sistema familiare. Proprio per questo a livello terapeutico è auspicabile coinvolgere non solo la madre bensì la coppia e anche gli altri figli se presenti. Occuparsi solo della donna manda il messaggio che la sofferenza appartiene esclusivamente a lei, aumentandone così l’intensità, e crea una distanza sia nella coppia, sia tra la nuova coppia genitoriale e il bambino.
La depressione non è espressione solo del mondo interno della donna, né solo del suo ambiente circostante, ma va
cercata nell’incontro tra le due parti.
Cosa possono fare gli altri?
Le persone che sono vicine alla donna (come partner, amici, fratelli e sorelle, genitori…) dovrebbero creare un clima
affettivo caldo che sappia accogliere i vissuti della neomamma senza allarmismi, ma anche senza minimizzazioni. È
importante che la madre possa esprimere tutte le sue ambivalenze anche quelle più indicibili intorno al periodo che sta
vivendo senza sentirsi biasimata o giudicata. In questo senso è meglio evitare di dispensare consigli non richiesti che, in maniera indiretta, potrebbero alimentare il senso di inadeguatezza della madre, anziché sostenere le sue
emergenti capacità genitoriali.
Parallelamente al supporto emotivo è importante fornire anche un supporto di tipo più pratico, aiutandola nei compiti
domestici come cucinare, lavare, sistemare la casa e fare la spesa.
Perché è importante la diagnosi precoce di depressione postpartum
Si pensa erroneamente che la depressione postpartum sia legata solo a squilibri ormonali e che quindi abbia un decorso più breve e una prognosi meno grave rispetto alla depressione maggiore. Si tratta di un fraintendimento molto dannoso che porta a sottovalutare l’impatto di questo disturbo e le sue conseguenze, sia per la madre che per il bambino.
Come abbiamo visto sopra, le cause della depressione postpartum sono diverse e interrelate in modo specifico per ogni donna. Una diagnosi tempestiva di depressione in gravidanza è fondamentale dal momento che la maggior parte delle donne che manifesta sintomi depressivi prima del parto è a rischio di depressione nel postpartum. A sua
volta la depressione postpartum può incidere, tra le altre cose, sulla relazione di attaccamento tra madre e
bambino e sulla salute materno infantile con conseguenze anche a lungo termine. Prendere atto dell’esistenza della psicopatologia durante l’epoca perinatale non equivale a patologizzare l’esperienza di maternità bensì a tutelarla.
Depressione postpartum e maternity blues
Molte donne nella prima settimana dopo il parto sperimentano stati d’ansia, di tristezza e crisi di pianto apparentemente senza motivo. Si tratta di una reazione molto frequente chiamata maternity blues, che è considerata transitoria e di solito scompare dieci-quindici giorni dopo il parto.
Se, invece, questi sintomi si prolungano o iniziano più tardi, potrebbero segnalare una condizione di depressione postpartum. La depressione postpartum è un problema relativamente frequente che colpisce circa 1 donna su 10 nell’arco dei 12 mesi successivi al parto.
Come si manifesta la depressione postpartum?
Le neo-mamme che soffrono di depressione postpartum sono tipicamente pervase da sentimenti di inadeguatezza,
irritazione, ansia e assenza di piacere per il nuovo ruolo genitoriale. È proprio questo sottofondo di tristezza relativo a
un periodo socialmente così edulcorato e celebrato a generare sensi di colpa e vergogna in chi ne soffre, rendendo
ancora più difficile parlare di come ci si sente e cercare supporto.
Depressione maggiore e depressione postpartum
Esistono numerose sovrapposizioni tra le due condizioni come umore depresso, assenza di piacere in cose o attività che prima piacevano, mancanza di energia o iperattività, disturbi del sonno e dell’alimentazione, difficoltà di concentrazione, ruminazione, isolamento sociale e disturbi somatici. Tuttavia nel caso della depressione postpartum possono emergere dei sentimenti depressivi legati in modo specifico al proprio ruolo materno come:
- percezione di essere incapace di prendersi cura del figlio
- paura e insicurezza nella gestione del bambino
- percezione di isolamento dal contesto familiare
- perdita di piacere nel ruolo di madre
- limitato investimento emotivo nella relazione col figlio
- difficoltà a creare un legame con il bambino, prendersi cura di lui solo per dovere e non per piacere
- sentimento di indifferenza e mancanza di piacere nello stare in sua compagnia
- ridotta sensibilità ai segnali del bambino attraverso: comportamenti intrusivi e ostili (espressioni facciali forzate, azioni brusche) oppure comportamenti di ritiro e isolamento (tendenza a non toccare e ad avere scarso contatto fisico col bambino, ridotte espressioni facciali, rare vocalizzazioni, bassa espressione delle emozioni)
- parlare sempre in modo pessimistico, sostenendo di essere senza speranza
- trascurare il proprio aspetto fisico e la cura di sé, non lavarsi o non indossare abiti puliti e in ordine
- trascurare l’aspetto e la cura del proprio bambino
- perdere il senso del tempo
- perdere il senso dell’umorismo
- preoccuparsi costantemente che qualcosa non vada nel proprio bambino, a prescindere dalle rassicurazioni ricevute
- senso di colpa eccessivo, convinzione di essere indegni
- pensieri spaventosi ricorrenti, per esempio, paura di far del male al proprio bambino
- mancanza di speranza fino alla disperazione
- pensieri ricorrenti che non valga la pena vivere o, addirittura, pensieri di suicidio e autolesionismo
Quali sono le cause della depressione postpartum?
I sintomi depressivi in epoca perinatale hanno un’origine multifattoriale. Possono essere correlati a vulnerabilità
ormonali o ad aspetti genetici, alla percezione di un mancato supporto da parte del partner, a isolamento sociale, alla
condizione di monogenitorialità, a una gravidanza inattesa o indesiderata, a complicazioni nel corso della gravidanza o
nel parto e a nascita pretermine.
Possono riacutizzarsi quando già presenti nell’anamnesi personale o familiare della madre o manifestarsi per la prima volta in quest’occasione.
Depressione postpartum: un affare di famiglia
È importante sottolineare che spesso la depressione puerperale è espressa dalla donna, ma in realtà appartiene all’intero sistema familiare. Proprio per questo a livello terapeutico è auspicabile coinvolgere non solo la madre bensì la coppia e anche gli altri figli se presenti. Occuparsi solo della donna manda il messaggio che la sofferenza appartiene esclusivamente a lei, aumentandone così l’intensità, e crea una distanza sia nella coppia, sia tra la nuova coppia genitoriale e il bambino.
La depressione non è espressione solo del mondo interno della donna, né solo del suo ambiente circostante, ma va
cercata nell’incontro tra le due parti.
Cosa possono fare gli altri?
Le persone che sono vicine alla donna (come partner, amici, fratelli e sorelle, genitori…) dovrebbero creare un clima
affettivo caldo che sappia accogliere i vissuti della neomamma senza allarmismi, ma anche senza minimizzazioni. È
importante che la madre possa esprimere tutte le sue ambivalenze anche quelle più indicibili intorno al periodo che sta
vivendo senza sentirsi biasimata o giudicata. In questo senso è meglio evitare di dispensare consigli non richiesti che, in maniera indiretta, potrebbero alimentare il senso di inadeguatezza della madre, anziché sostenere le sue
emergenti capacità genitoriali.
Parallelamente al supporto emotivo è importante fornire anche un supporto di tipo più pratico, aiutandola nei compiti
domestici come cucinare, lavare, sistemare la casa e fare la spesa.
Perché è importante la diagnosi precoce di depressione postpartum
Si pensa erroneamente che la depressione postpartum sia legata solo a squilibri ormonali e che quindi abbia un decorso più breve e una prognosi meno grave rispetto alla depressione maggiore. Si tratta di un fraintendimento molto dannoso che porta a sottovalutare l’impatto di questo disturbo e le sue conseguenze, sia per la madre che per il bambino.
Come abbiamo visto sopra, le cause della depressione postpartum sono diverse e interrelate in modo specifico per ogni donna. Una diagnosi tempestiva di depressione in gravidanza è fondamentale dal momento che la maggior parte delle donne che manifesta sintomi depressivi prima del parto è a rischio di depressione nel postpartum. A sua
volta la depressione postpartum può incidere, tra le altre cose, sulla relazione di attaccamento tra madre e
bambino e sulla salute materno infantile con conseguenze anche a lungo termine. Prendere atto dell’esistenza della psicopatologia durante l’epoca perinatale non equivale a patologizzare l’esperienza di maternità bensì a tutelarla.
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